I tutor della sesta edizione. Intervista a Giulia Bosetti

Giulia Bosetti sarà uno dei tutor dei due progetti finalisti della categoria video inchiesta. Le abbiamo posto 4 domande per raccontarvi perché ha accettato di ricoprire questo incarico e cosa si aspetta dai giovani under31. Ricordiamo a tutti i partecipanti che la scadenza per l’invio delle proposte è fissata per il 20 gennaio 2017 (leggi il bando qui).

  • Perché hai accettato il ruolo di tutor del Premio Morrione? Che cosa significa per te?

In Italia gli editori investono troppo poco e sempre meno nel giornalismo d’inchiesta, soprattutto quello televisivo, sia dal punto di vista delle risorse e dei mezzi, sia dal punto di vista dei tempi e delle squadre di lavoro. Il premio Morrione è uno spazio unico, che investe sulla crescita del giornalismo investigativo, incentiva i giovani colleghi a dedicarsi alla professione e permette loro di realizzare i propri progetti di inchiesta con un supporto economico e professionale, ma in assoluta autonomia e libertà: contribuire, seppur in piccola parte, a questo progetto, credo sia un’occasione importante anche per chi, come me, ha la fortuna di poter fare questo lavoro ogni giorno.

  • Cosa ti aspetti dal giovane under 31 che seguirai nella realizzazione della inchiesta?

Sono sicura che sarà un lavoro di scambio. Confrontarsi con chi si sta avviando a questo lavoro significa confrontarsi anche col proprio modo di vivere la professione, con il proprio metodo di lavoro, guardare da un altro punto di vista noi come professionisti e tutta la nostra categoria: è sempre utile mettersi in discussione. Sarei felice di trovare una forte carica ideale nel giovane collega che seguirò, una sana fiducia nel valore sociale e politico di questo mestiere, curiosità e passione sono alcuni degli ingredienti imprescindibili del giornalismo d’inchiesta e più sono freschi più sono genuini. Mi aspetto anche di stupirmi di fronte ad un linguaggio diverso dal mio e da quello che vediamo già in onda, magari più innovativo, anche noi non dobbiamo mai fermarci nel lavoro di ricerca e di innovazione.

  •  Quando hai capito che la tua professione sarebbe stata quella giornalistica?

Per quanto riguarda il lavoro del giornalista, sono uno di quei casi disperati che da sempre sogna di fare questo lavoro. Mia madre mi regalò la prima macchina da scrivere quando frequentavo ancora le elementari e la conservo tutt’ora con grande amore. Pensavo che avrei scritto sulla carta stampata però, invece sono stata così fortunata da cominciare a lavorare con la televisione pochi mesi dopo la laurea, nella redazione di Gad Lerner che mi ha insegnato veramente le basi del mestiere. E’ lì che ho cominciato a scoprire la magia dell’immagine e del racconto televisivo, a cui non ho più voluto rinunciare.

  • Cosa consiglieresti a chi in questo momento sta scrivendo il progetto di inchiesta per il nuovo bando?

A chi sta lavorando al progetto di inchiesta per il nuovo bando, consiglierei di puntare su temi nuovi e poco raccontati o comunque di trovare una chiave inedita se si vogliono affrontare inchieste su questioni più conosciute. E poi di lavorare con estremo rigore fin dall’inizio, di verificare con cura la fattibilità del progetto e la disponibilità dei protagonisti a partecipare, di suffragare il progetto anche con dati e ricerche e di chiedersi fin dall’inizio che cosa vogliono “dire” con la loro inchiesta, qual è il suo interesse pubblico e sociale. La preinchiesta è una fase fondamentale del lavoro giornalistico, se è ben fatta il progetto raggiungerà il suo obiettivo.

Intervista a cura di Alessandra Tarquini