La Fabbrica dei Mostri diventa un libro

di Marcella Sansoni

La collana si chiama FUORISTRADA e, nel nome, c’è già una dichiarazione d’intenti.
Sarebbe come dire andare dove gli altri non si avventurano, per strade poco battute. Ed è questa l’operazione dell’editore KOGOI di Roma che ha deciso di sottrarre alcune storie alla trattazione, per forza di cose, precipitosa dei media, per consegnarle alla stabile “nobiltà” della forma scritta.

È il caso de “Non chiamateli mostri” di Antonella Graziani, Valentina Valente e Michele Vollaro. Un lavoro nato come inchiesta giornalistica televisiva, che ha partecipato lo scorso anno alla 2° edizione del premio dedicato a Roberto Morrione, destinato ai giovani autori.

Il libro è forte ed estraniante e mantiene il passo dell’inchiesta.

Forte perché la tratta degli esseri umani, destinati a diventare schiavi/mostri, sembra non poter appartenere alle nostre città. Forte ancora perché chi viene rapito, sfregiato o venduto per fame, per essere trasformato in un mendicante o per prostituirsi quasi sempre proviene da luoghi vicini al nostro paese, non collocabili in un esotico “altrove” utile a blandire la coscienza.

Estraniante perché tutti cerchiamo di guardare senza vedere la realtà che abita marciapiedi e anfratti del nostro vivere quotidiano. E l’Unione Europea non è estranea a questa forma di cecità un po’ cinica sostenuta dall’ omertà delle vittime che, nei carnefici, arrivano a vedere dei salvatori.

Il libro racconta di vite e dignità negate, di infanzia senza luce . Si parla di povertà, quella impensabile che rende comprensibile anche l’orrore. Ma si racconta anche di eroi che, in ogni modo, cercano di difendere e di restituire alla vita le vittime dello sfruttamento anche solo procurando loro un po’ di cibo. Un libro che si fa leggere d’un fiato anche se lascia il cuore pesante. Bello anche il dossier fotografico di Fabrizio Farroni che accompagna il volume per altro elegante e ben stampato.

Il premio giornalistico dedicato a Roberto Morrione, che quest’anno giunge alla sua terza edizione, si ritiene orgoglioso di trovare posto in questo tipo di iniziativa editoriale oltre a tutto perché anche Roberto Morrione era un giornalista che amava andare a cercare verità da raccontare fuori strada, lungo vie scomode e poco frequentate.