Le mani sul fiume: il webdoc d’inchiesta incontra “IL RE DEL PO”

di Giulia Paltrinieri*

Quando tutto è cominciato qualcuno mi aveva detto: “Il Fiume è un universo strano, pieno di personaggi bizzarri e di storie nascoste. Ti riserverà delle eccentriche sorprese”. Una di queste è Alberto Manotti: “Il Re del Po”, come si fa chiamare da tutti quelli che lo vanno a trovare sulla sponda destra, proprio sotto il ponte di Boretto. Testardo e visionario, da trent’anni raccoglie i tronchi che il fiume abbandona sulle rive e li usa per costruire un’immensa fortezza, fatta di rami storti e di chiodi arrugginiti: una maestosa cattedrale da regalare ai bimbi, che ci si arrampicano sopra inventandosi avventure strampalate nei primi pomeriggi di sole.

“Ogni mattina mi alzo e aggiungo qualcosa: qui ci sono oltre 20mila pali e non so quanti chiodi. Ti sembra che abbia fatto una cosa normale o no?”

Gli dico che sto realizzando un’inchiesta, il cui protagonista è il Fiume. Che non so bene cosa sto cercando nel suo cantiere aperto. Però, insomma, qualcuno che si è autoproclamato profeta del Po, qualcosa da dire la avrà. Gli provo a spiegare cosa dovrò mettere in piedi: un webdoc non è un documentario, non è un racconto, non è solo un video per la televisione. Adesso è un po’ come questa struttura, gli dico, è un incastro virtuale di rami, una grande casa senza pareti: potrai entrare da qualsiasi porta e ogni stanza sarà una storia, un tassello per ricostruire un’intera planimetria. O almeno, ci proviamo.

“Bè, virtuale o no, se un legno riesce ad arrivare qui da chissà dove, trasportato per anni dalla corrente, vedrai che non si spezza. Terrà il tutto, te lo dico io che sono il Re del Po”

 

Le mani sul fiume. Lui quelle dita nodose e ruvide ce le mette ogni giorno. Un momento sega di là, poi si dà da fare con il martello, per realizzare con pazienza la sua opera monumentale. Io non sempre so essere paziente come lui. Devo cominciare a mettere insieme i pezzi della mia piccola costruzione sul Fiume. Me la comincio a immaginare la struttura: ora il materiale c’è, ma il risultato ancora non si vede e questo a volte mi mette la testa sottosopra. Mi chiedo se devo cercare ancora o mi devo fermare, se ho dimenticato un’intervista, una ripresa. Forse potevo sentire qualcuno e non l’ho fatto. E se ho sbagliato tutto?

“Quanti problemi ti fai: chi non fa niente è già pronto per il cimitero. Te lo hanno mai detto? Guarda questo salice che regge tutto. Diciassette anni fa non era che un seme che ho piantato nella sabbia”

Va bene dai, forse mi fermo qua e comincio a scrivere. Lui sta ancora raccogliendo tronchi abbandonati dalla corrente e piantando chiodi, come ogni mattina da trent’anni.

“Tanto si sa, qui ci sono rimasto solo io a remare”.

*finalista della sesta edizione del Premio Morrione con il progetto di webdoc d’inchiesta “Le mani sul fiume”