Roberto Morrione sarebbe stato orgoglioso di questo premio. Il ricordo di Beppe Giulietti

foto archivio @articolo 21

Abbiamo chiesto a Beppe Giulietti*, portavoce di Articolo 21, di raccontare il giornalismo di Roberto Morrione. Iniziamo con il suo contributo una serie di racconti e di testimonianze perché siamo certi che l’eredità lasciataci da Roberto Morrione sia un bene prezioso non solo per il mondo del giornalismo, ma per l’intera società civile. 

Ecco il suo ricordo.

Roberto Morrione non era solo un maestro di giornalismo, ma, anche e soprattutto, una persona integra, un uomo libero, una sorta di incarnazione dei valori racchiusi nell’articolo 21 della Costituzione.

Per Lui la libertà di informazione coincideva con il diritto dei cittadini ad essere informati, sempre e comunque, anche quando la notizia poteva disturbare “Amici e compagni”, come si usava dire un tempo.

Tra la ricerca della verità possibile e le convenienze politiche e di carriera, ha sempre scelto la prima strada, anche quando Lo esponeva a polemiche e a possibili ritorsioni.

Cosí è stato quando insieme ad una valorosa squadra di cronisti, in testa Ennio Remondino, e all’allora direttore del Tg1 Nuccio Fava, decise di puntare i riflettori sul traffico d’armi, su Gladio, sulla loggia P2, attirandosi le ire dei poteri dominanti e dello stesso Presidente della Repubblica di quella stagione, Francesco Cossiga.

Lo stesso accadde, quando da direttore di Rainews24, tra le incomprensioni di molti, decise di mandare in onda l’ultima intervista al giudice Borsellino, realizzata da due giornalisti francesi, una sorta di testamento morale del magistrato poco prima di essere ammazzato dalla mafia.

Nelle parole del giudice c’erano le tracce di quella trattativa tra Stato e mafia che, negli anni a seguire, avrebbe suscitato polemiche e sospetti ancora non risolti.

Non aveva esitato neppure a commissionare altre inchieste a cominciare da quella realizzata da Sigfrido Ranucci sull’uso dei gas mortiferi da parte degli americani durante le campagne irachene, anche in questo caso non mancarono le polemiche e le aggressioni, sino a quando la realtà si incaricò di confermare le piste seguite e narrate.

L’elenco potrebbe continuare a lungo perché la vita professionale di Roberto Morrione è scandita dall’amore per i fatti, dalla capacità di annusarli prima, di mettere al lavoro una squadra, di raccogliere i dati, di metterli in successione, e di non mollare mai il filo rintracciato.

Roberto non credeva nel mito del giornalista solitario, che lavora da solo, che persegue una solitaria e talvolta narcisistica celebrazione di sè, ma puntava sempre sulla squadra, intesa come una rete di collaboratrici e collaboratori, capaci di andare oltre la superficie, di illuminare le periferie di mondo, di scandagliare ogni angolo alla ricerca del fatto, della notizia.

 Per Lui il fatto non era lo scoop di un momento, ma il frutto di un lavoro di indagine che sapeva coniugare le migliori qualità dello storico di professione con la capacità di sintesi di racconto tipico delle migliori espressioni del giornalismo d’inchiesta.

Per questo, oltre al testo, si preoccupava della necessità di ricostruire il contesto, restituendo allo spettatore la possibilità di leggere tutti gli elementi che davano origine e comprensibilità ad un evento.

Prima di lasciare la Rai, aveva elaborato il progetto di costruire un canale dedicato agli approfondimenti, e di creare una scuola per la formazione di giornalisti vocati all’inchiesta, un genere sempre più trascurato a favore di format fondati sull’urlo, sulla esasperazione del malessere, cosa assai diversa dalla capacità di analizzare e comprendere le ragioni del malessere e del disagio sociale.

Sarebbe davvero auspicabile che la “Nuova Rai” riprendesse in mano e realizzasse quella sua intuizione.

Non casualmente la compagna degli anni piú difficili, Mara Filippi Morrione, insieme agli amici di una vita, hanno promosso un premio ed una associazione dedicata al giornalismo di inchiesta, realizzando un premio originale ed unico, dove prestigiosi giornalisti affiancano giovani desiderosi di realizzare servizi capaci di andare oltre la cronaca e di squarciare i muri della indifferenza della omologazione, degli opportunismi quotidiani.

Roberto Morrione, detto anche il “Giornalista con il baffo” sarebbe stato orgoglioso di questo premio e di questi vincitori, perché Lui, sino alla fine, ha sempre avuto l’ansia di passare il testimone ai più giovani, senza mai coltivare gelosie, sempre motivato da quella generosità che ha rappresentato la cifra di una vita, professionale ed umana.

 Beppe Giulietti

*Sabato 5 settembre dalle ore 10 al Palazzo del Turismo di Riccione, in occasione della prima edizione delle  Giornate del Giornalismo, Beppe Giulietti verrà intervistato da Stefano Lamorgese insieme a Walter Veltroni durante l’incontro “Testimoni del tempo (che fu?). La lezione televisiva di Roberto Morrione.”