Roberto, quanto ci manchi!

Una matita spezzata = due matite appuntite . Il disegno è stato postato dall'artista Banksy senza specifiche. Il quotidiano britannico The Independent la attribuisce all’illustratrice Lucille Clerc.

chadi Stefano Lamorgese

Che cosa avrebbe detto Roberto Morrione, oggi? Dopo la strage di Parigi, il massacro dei giornalisti di Charlie Hebdo… Che cosa avrebbe scritto, come avrebbe commentato?
Difficile rispondere, è ovvio.

Una matita spezzata = due matite appuntite . L’artista inglese non ha alcuna pagina ufficiale sui social network. C’è però un account Instagram su cui vengono pubblicate gran parte delle sue opere. Tra le immagini c’è anche questa accompagnata dall’espressione latina RIP (riposa in pace). Il quotidiano britannico The Independent la attribuisce all’illustratrice Lucille Clerc.
Una matita spezzata = due matite appuntite . L’artista inglese Banksy non ha alcuna pagina ufficiale sui social network. C’è però un account Instagram su cui vengono pubblicate gran parte delle sue opere. Tra le immagini c’è anche questa accompagnata dall’espressione latina RIP (riposa in pace). Il quotidiano britannico The Independent la attribuisce all’illustratrice Lucille Clerc.

Certo: avrebbe solidarizzato con le libere matite spezzate a colpi di kalashnikov; avrebbe condiviso l’indignazione e la preoccupazione di tutti noi, convinti sostenitori dell’informazione libera, sempre: la nostra libertà più preziosa e faticosa. Gli sarebbe piaciuta moltissimo l’illustrazione (forse di Bansky) che ho scelto per questo articolo: da una matita spezzata derivano due matite appuntite…

Quanto avrei voluto poter bussare alla sua porta per scambiare qualche parola con lui!
Immagino la scena: mi avrebbe squadrato con gli occhi lucidi, i baffi ritti, l’espressione concentrata dei momenti più critici. Quindi, scuotendo la testa, mi avrebbe confidato come anche lui facesse fatica a credere vero, e possibile, un mondo che trova i suoi martiri tra i giornalisti satirici.

Ma poi, abituato, com’è sempre stato, a fornire alle notizie un “vestito”, a circostanziarle, a spiegarle, a porle nella giusta cornice, si sarebbe sforzato di mettere insieme i fatti, una volta superata l’emozione. Avrebbe ricordato la difficoltà estrema che incontrano i moderati – la stragrande maggioranza dei musulmani – a emarginare i (e a difendersi dai) violenti, i sadici, i pazzi che, tra di loro, brandiscono la religione come un’arma letale e cieca.

Mi avrebbe spiegato che la strage di ieri, a Parigi, è parte di un processo che sbaglieremmo a definire ineluttabile. Mi avrebbe letto quanto ha scritto oggi Carlo “Charlie” Freccero sul manifesto: «Alla base dei fatti di Parigi c’è una profonda frattura culturale: da un lato il massimo valore islamico, la religione. Dall’altro il massimo valore illuminista: la libertà d’espressione». Su questo – sulla sutura di quella frattura – avrebbe puntato la sua attenzionemai: sul dialogo, sul reciproco riconoscimento culturale, sulla convinzione che – anche se in salita – quella è l’unica strada da percorrere se si vuole restare umani.

E certamente si sarebbe arrabbiato e indignato per l’invocazione della violenza che tanti cattivi maestri, sciacalli che speculano sul Male (e sui profitti di ogni guerra), hanno praticato nelle ultime ore, richiamando alla memoria le facili isterie della Fallaci e dei suoi tristi epigoni mortuari e fascisti.

Mi perdonerà, Roberto, se aggiungo che la bruttura del massacro parigino avrebbe stimolato in lui anche un altro motivo d’indignazione, più futile ma non meno intimo: a due passi da Boulevard Richard Lenoir, il fragore degli spari ha disturbato il ricordo del commissario Maigret, che proprio su quel viale trascorse la maggior parte della sua lunga vita parigina.

Roberto, caro amico, è “colpa” tua: quello che ci hai insegnato ti costringe ancora ad ascoltarci, a farci da modello e ispirazione nei momenti più aspri e difficili.