Giornalismo, quel mestiere che non si ferma alla superficie. Intervista al tutor Giovanni Tizian

di Alessandra Tarquini

Quarto e ultimo tutor della ottava edizione del nostro premio è Giovanni Tizian, giornalista del settimanale L’Espresso. Le sue inchieste sono focalizzate sulla criminalità organizzata e, proprio per le minacce ricevute dalla ‘ndrangheta, dal 2011 vive sotto scorta. A dar fastidio sono stati i suoi articoli sulle infiltrazioni mafiose al Nord realizzati per la Gazzetta di Modena. Nell’intervista che pubblichiamo oggi ci racconta come intende ricoprire il ruolo di tutor e dà dei consigli utili a chi sta scrivendo il progetto di inchiesta per il nostro bando

  • Perché hai accettato il ruolo di tutor del Premio Morrione? Che cosa significa per te?
Ho accettato perché ritengo il progetto del premio un incentivo per i giovani nel seguire la strada del giornalismo. Giornalismo che scava nella profondità della realtà, quel mestiere che non si ferma alla superficie. Ma indaga, cerca, scova. Questo premio per me significa innanzitutto ricordare Roberto Morrione, per  me una figura importante in un momento della mia vita in cui la precarietà del lavoro era opprimente. Ricordarlo però senza retorica, ma con i fatti, aiutando i giovani a realizzare qualcosa di importante. 
  • Cosa ti aspetti dal giovane under 30 che seguirai nella realizzazione della inchiesta? 
Mi aspetto curiosità, passione, serietà, umanità. Mi aspetto un ragazzo che abbia voglia di impegnarsi in qualcosa di nuovo e innovativo. 
  •  Quando hai capito che la tua professione sarebbe stata quella giornalistica? 
AllUniverstià, quando sentivo il bisogno di studiare i fenomeni con altri strumenti che andassero oltre la mera e fredda ricerca sociale. Ho iniziato così a collaborare con i primi quotidiani. 
  • C’è una inchiesta che consideri un esempio da seguire? Se si, quale e perché?
Molte inchieste mi sono servite a crescere. Ma c’è un libro-inchiesta di Corrado Stajano, “Africo”, che parla della mia terra negli anni in cui il potere della mafia cresceva enormemente. Quella è un’inchiesta che mi ha fatto capire l’importanza di vivere i luoghi che si raccontano. Di calpestare il territorio prima di raccontarlo. 
  • Cosa consigli a chi sta in questo momento scrivendo il progetto di inchiesta per il nuovo bando?
Di immaginare cosa secondo loro sia oggi più importante raccontare. Di cosa sia necessario far conoscere al cittadino. Di pensare alle questioni che chi vive in un territorio spesso non può vedere perché nascoste da chi ha tutto linteresse a tenerle nascoste. Insomma, di andare oltre le cose già sentite e già dette, di essere curiosi e provare a scoprire nuovi mondi, nuove frontiere, nuovi intrecci.