La vittoria di Roberto Morrione

di Vittorio di Trapani, Segretario Usigrai

A chi non conosce Roberto Morrione e vuole sapere chi è stato, basterebbe ascoltare i circa 4 minuti di editoriale con il quale – nel 2006, dagli schermi della “sua” Rainews24 – salutò i telespettatori il giorno del suo pensionamento dalla Rai.
In quei quattro minuti c’è il compendio di chi è stato Roberto Morrione. Dei valori e del senso della professione che lo hanno animato in tutta la sua carriera giornalistica, e nel suo impegno sociale.

Una frase più di tutte, che andrebbe ripetuta ogni giorno nelle riunioni di sommario di ogni tg, giornale radio, giornale, sito web: l’informazione e le tecnologie “valgono per l’ascoltatore solo se arricchiscono la sua conoscenza, e mantengono viva la sua memoria. Insomma se lo fanno pensare, oltre che consumare”.

Dunque cittadini, piuttosto che consumatori. Persone, alle quali fornire tutte le chiavi interpretative di una realtà in costante, e rapido, mutamento. Per consentire loro di essere cittadini più consapevoli, quindi soggetti attivi, protagonisti della vita democratica.
Un passaggio chiave per dare corpo e sostanza alla previsione costituzionale della “sovranità che appartiene al popolo”.

Ecco perché Morrione ha sempre ricordato a tutti che “solo dando un contesto a ciascun evento se ne possono capire le ragioni e le conseguenze”.
E non conta il mezzo attraverso cui passa l’informazione, conta il modo di intendere il ruolo e la missione del giornalista: inserire sempre i fatti dentro un contesto, affinché possano essere compresi in profondità. Rifuggire così della tentazione di “spersonalizzare” le notizie, cancellarne le storie, i volti, gli occhi.
Morrione aveva chiaro che spersonalizzare, “de-umanizzare” la realtà che ci circonda era il primo passo per consegnarsi ai luoghi comuni, all’indifferenza, alla diffidenza, quindi alle discriminazioni.
Per questa ragione ha sempre avuto come stella polare, la volontà, direi la necessità, di dare voce a coloro che “sono meno illuminati”.
E per farlo ha sempre ritenuto indispensabile coltivare la cultura della memoria e della conoscenza.

Questo per lui si è tradotto nella volontà di creare alleanze e comunità. Beninteso, comunità di valori. Donne e uomini che condividevano questa idea della vita. Non certo solo giornalisti. Ma tutti coloro che vivevano il proprio quotidiano, il proprio impegno professionale mettendosi al servizio di questa incessante difesa e cura della memoria e della conoscenza.
Memoria e conoscenza vuol dire ricordare, ma vuol dire anche – e forse soprattutto – l’impegno a far uscire dall’oscurità fatti e verità che ancora mancano all’appello della cronaca e della storia del nostro Paese, ma non solo.
Da qui la sua passione per le inchieste, e la sua idea di un nucleo di giornalismo investigativo, per mettere insieme capacità e intelligenze, mettendo da parte egoismi di parte, nel supremo interesse collettivo alla verità.

Ma indagare, vuol dire anche rischiare. E Morrione lo sapeva bene. Quindi era necessario stare sempre accanto alle croniste e ai cronisti che sceglievano di lavorare sui fronti più caldi. Dove si rischiano intimidazioni, aggressioni. Dove si rischia la vita.
Ma Morrione capì da subito che emergeva una forma nuova – e insidiosa – di minaccia alla libertà di stampa: le liti temerarie.

Uno strumento che rischia di tagliare le gambe anche a grandi gruppi editoriali. E che diventa letale per i tanti precari che sfidavano paghe da sottoproletariato pur di onorare la professione.

E’ a loro in particolare che pensava quando fu tra i promotori dello sportello antiquerele. Uno scudo, una “scorta” a difesa dell’art. 21 della Costituzione. Un modo per opporre la forza della squadra, della collettività, del “noi” all’arroganza, alla prepotenza, alla violenza dei bavagli stretti dalla criminalità organizzata, dai protagonisti della corruzione e degli affari sporchi, dai signori dell’oscurità.

Fu quindi per lui un passaggio naturale essere tra i fondatori di Articolo 21, insieme a Beppe Giulietti.
Come fu una prosecuzione naturale della sua missione professionale – non appena lasciata la Rai – mettersi al servizio di Libera, fondando Libera Informazione.

Roberto Morrione se ne è andato 10 anni fa. Eppure le sue idee sono di una attualità impressionante.
Che non ha mai trasmesso “impartendo lezioni”.

Aveva statura, autorevolezza e intelligenza, per sapere che l’esempio e la testimonianza valgono molto più di mille parole. Per sapere che non serve coltivare l’ “io”, essere sempre in prima fila, per essere un “leader”.
Solo chi ha una sincera e autentica passione civile sa che il futuro lo costruisci se porti alla vittoria il “noi”, se a vincere è la squadra.

Per questo amava investire sui giovani.

E oggi, a distanza di 10 anni, possiamo dire senza timore di essere smentiti, che Roberto Morrione ha vinto.

Guardiamoci intorno: e guardiamo la comunità che ha saputo costruire. Il suo esempio vive oggi anche in persone che non hanno avuto la fortuna di conoscerlo. Persone, realtà, associazioni, che in ruoli, settori e ambiti diversi, oggi continuano a coltivare la sua passione per la Costituzione, per la memoria, per la conoscenza, per la ricerca della verità, per l’ambizione di contribuire a costruire una società di cittadini informati e consapevoli.

Caro Roberto, hai vissuto una vita facendo ciò che sentivi di “dovere”, sta accadendo molto più di ciò che immaginavi fosse possibile.