Portare Roberto Morrione a scuola

Premio Morrione aLLA fiera del libro di Iglesias
di Stefano Lamorgese
Un consuntivo “a caldo” del viaggio del Premio in Sardegna, ospite: la Fiera del libro di Iglesias

Sud-Sardegna. Ex distretto minerario dell’isola. Ex distretto dell’alluminio. Qui tutto ha un “ex” stampato addosso. Le miniere chiuse, la centrale ENEL a carbone, spenta; l’industria scomparsa. Del passato di fumo e metallo rimangono i fanghi inquinanti, le scorie. E la disoccupazione, ovviamente.È la provincia più povera d’Italia (in gara con Agrigento): il PIL procapite è pari al 52% della media europea, secondo Eurostat; ottava per estensione, è quintultima, su 107 province italiane, per densità di popolazione. Solo nel 2019 – lo rileva l’ISTAT – 665 giovani (18-39 anni), si sono trasferiti all’estero e 820 hanno lasciato l’isola per trasferirsi in un’altra regione italiana. Da qui la gente scappa.

La cultura come lotta politica

La Fiera del Libro di Iglesias, giunta quest’anno alla sesta edizione, rappresenta dunque una sfida lanciata contro la depressione da dentro il cuore depresso della Sardegna, Mezzogiorno d’Italia.Come già accaduto lo scorso anno, la Fiera ha invitato noi dell’Associazione Amici di Roberto Morrione perché anche noi contribuissimo, offrendo testimonianza, allo sforzo di Maurizio Cristella ed Eleonora Carta che – con la loro Associazione ArgoNautilus – sono gli organizzatori e gli ideatori della manifestazione. Grazie a loro per le strade e nelle piazze del Sulcis-Iglesiente giungono la voce, i libri e le facce di autori grandi e piccoli, sardi e non, giovani e vecchi.

Nelle scuole

È dentro questo orizzonte politico che ho accompagnato Roberto Persia e Lorenzo Pirovano – entrambi vincitori del Premio Morrione nelle scorse edizioni – per “portare Roberto a scuola”.Abbiamo incontrato più di quattrocento ragazzi tra i 17 e i 19 anni. Siamo entrati nelle loro scuole: l’IPIA “G. Ferraris” di Iglesias; il liceo classico “De Castro” di Oristano; il Liceo Scientifico Artistico e Sportivo “Asproni-Branca” e l’Istituto Magistrale Statale “Carlo Baudi di Vesme”, ancora a Iglesias.

Che cosa avevamo da raccontare?

L’esempio civile di Roberto Morrione e la storia del nostro Premio giornalistico, le motivazioni che tengono unita la nostra Associazione. Le speranze che Lorenzo e Roberto nutrivano quando, anni fa, presentarono le loro proposte partecipando al bando di concorso. La loro meraviglia quando furono selezionati, la soddisfazione di aver vinto.  La scelta di finanziare progetti e non prodotti, l’assistenza dei tutor… Certo, anche tutto questo.

Ma, soprattutto, abbiamo cercato di ridurre la distanza tra la realtà vissuta da chi ci ascoltava e la dimensione nella quale esercitiamo il nostro lavoro. Senza nasconderne le durezze, le ingiustizie e le assurdità, abbiamo provato a descrivere e trasmettere la valenza politica del lavoro giornalistico, il valore civile dell’impegno che ci si assume quando si prova a indagare la realtà, a “illuminarne gli angoli bui”, come tanto spesso ci piace dire.

E lì, nel Sud Sardegna, di angoli bui ce ne sono moltissimi. A partire dal contrasto struggente e doloroso tra il paesaggio meraviglioso e i tanti cancri – visibili e nascosti – che lo avvelenano. Non a caso, quando Lorenzo e Roberto chiedevano all’assemblea “Chi s’immagina fuori dalla Sardegna, in futuro?”, le mani che si alzavano erano moltissime. La maggioranza, a occhio.

Le nostre inchieste

Doppia ipocrisia” – l’inchiesta del 2018 di Madi Ferrucci, Flavia Grossi e Roberto Persia sul commercio di armi prodotte proprio qui, a Domusnovas, dieci chilometri a Est di Iglesias –  ha spesso funzionato come “grimaldello” per scardinare la diffidenza e attirare l’attenzione del nostro giovanissimo pubblico. Quasi tutti conoscevano quella storia. Alcuni vi erano coinvolti direttamente. Il ricatto occupazionale che quell’inchiesta fece emergere – produrre bombe in aree economicamente depresse è un affare sicuro – è stato argomento di conversazione accesa e di confronto aperto. Di riflessione. Ed è stata l’occasione, anche per noi, per “toccare con mano” la profondità del disagio sociale che genera diffidenza, delusione, scoraggiamento. La storia nata da un viaggio in autostop – quasi incredibile al tempo del COVID19 – è quella che ha raccontato Lorenzo Pirovano: la sua inchiesta sul mercato dei trasporti e sui camionisti che ne subiscono le asprezze (“I camion degli altri“, 2014) ha acceso una luce sul processo mentale che può condurre fino alla realizzazione di un’inchiesta giornalistica.  Parole e immagini che non hanno mancato di incuriosire i nostri interlocutori e di suggerire loro l’idea che problemi anche enormi e apparentemente distanti possono trovare agganci e conferme anche guardando con attenzione ciò che c’è vicino ai nostri piedi, dietro l’angolo, sotto casa. Ridurre le distanze, si diceva…

Interlocutori autorevoli

Per me, che ho quasi trent’anni più di Roberto e Lorenzo, è stata una gioia constatare come entrambi siano stati capaci di spiegarsi e raccontarsi di fronte a ragazzi e ragazze poco più giovani di loro, ancora acerbi ma evidentemente desiderosi di conoscere la nostra proposta, di immaginarsi in altri panni, di provare a progettarsi in forme diverse da quelle fin lì conosciute.Dopo gli incontri – favoriti e organizzati da insegnanti tutt’altro che pigri e demotivati, dobbiamo riconoscerlo e ribadirlo – alcuni studenti hanno preso coraggio e si sono avvicinati a Lorenzo, a Roberto, a me. Hanno cercato informazioni più dettagliate. Hanno chiesto consigli. Hanno esposto progetti. Vinta la diffidenza è uscita fuori, prepotente, la loro giovinezza, la speranza, la curiosità.

Felici

Lo dico a tutti, lo dico a noi. Dobbiamo essere felici di aver contribuito a far crescere persone belle e profonde, dotate di senso critico e di peculiare intelligenza come i “nostri ragazzi”, ormai uomini e donne. Una “tribù” che Roberto e Lorenzo hanno degnamente rappresentato, certo senza esaurirne la varietà, la complessità, la verità.Il motto della Fiera di Iglesias, quest’anno, era ispirato a un ammonimento di Kurt Vonnegut: “Quando siete felici, fateci caso”.
Io lo sono stato. Noi lo abbiamo fatto.