L’importanza di tenere viva la memoria. La lezione di Roberto Morrione

di Roberto Natale

“RaiNews24 ha aperto la frontiera multimediale e digitale, ma non ha mai separato l’innovazione tecnologica dai contenuti e dalla qualità giornalistica del lavoro”. Nel 2006 Roberto Morrione va in pensione e lascia la testata che ha fondato e diretto per 7 anni. Il discorso di commiato dagli spettatori – nemmeno 5 minuti, che YouTube consente oggi di recuperare agevolmenteè una lezione magistrale in pillole sul senso dell’informazione al tempo della rete: cioè al tempo in cui la smisurata abbondanza di notizie che ci piovono addosso da ogni dove sembra travolgere il giornalismo professionale, come fa un cane troppo potente per essere tenuto al guinzaglio, che sballottola il padrone e lo trascina via.

La corsa sempre più frenetica a dare più notizie e a darle prima degli altri, a costo di tagliare sui tempi delle necessarie verifiche, non è un destino ineluttabile, se si ha chiaro il significato di fondo dell’informazione, che il passaggio dall’analogico al digitale non modifica di una virgola: “Le tecnologie evolute valgono per l’ascoltatore solo se arricchiscono la sua conoscenza e mantengono viva la sua memoria”. Arricchire la conoscenza, tener viva la memoria. Roberto non ha paura di usare termini di novecentesca ‘pesantezza’, che fanno arricciare il naso a quanti rifuggono da visioni troppo ‘pedagogiche’ del giornalismo. E se non fosse stato sufficientemente chiaro rincara la dose: “insomma, se l’ascoltatore lo fanno pensare, oltre che consumare”.

La notizia deve far pensare, addirittura. E lo dice mentre tutto intorno cresce la malapianta degli acchiappa-click, dei siti anche ‘seri’ che per agganciare più persone non si vergognano di alleggerire i propri contenuti con photogallery insinuanti e inutili soft news. Parlare ai cittadini o ammiccare ai clienti: l’alternativa è sempre quella, antico o moderno che sia il mezzo di comunicazione, bit o non bit.

E per parlare ai cittadini, per essere all’altezza della loro fiducia, le notizie non vanno sparate a raffica, una via l’altra. L’informazione non è indigestione di pillole ingoiate in sequenza: “solo dando un contesto a ciascun evento se ne possono capire le ragioni e le conseguenze”. Un contesto, perché – come Roberto amava ripetere – “non bisogna lasciare la notizia orfana”. Lo stesso concetto che in quegli anni era solito richiamare Sergio Zavoli, mettendo in guardia contro la ‘coriandolizzazione’ dell’informazione. Immagine potente: migliaia di frammenti all’ora, colorati e vivaci, che dalle tv ai telefonini ci ballano davanti agli occhi e ci danno l’illusione di essere super-informati, quando invece siamo solo storditi da una quantità nella quale latita la qualità, cioè la possibilità di cogliere un nesso, di comprendere davvero cause ed effetti al di sotto del nudo ‘fatto’.

Roberto Morrione era questo, era la tenace ricerca dei collegamenti: quegli stessi che sapeva stabilire – se pesco nei miei ricordi di spettatore – quando conduceva la rassegna stampa notturna del Tg3, e tirava i fili tra una notizia e l’altra, ricordando cosa ci fosse dietro e prima. Perché “tener viva la memoria” è una delle cose più fondamentali che possa e debba fare un giornalista: magari per rammentare al politico di turno le cose che ha detto appena una settimana prima e che oggi disinvoltamente contraddice.

La memoria è essenziale. Anche per questo è prezioso il lavoro che svolge il Premio intitolato a Roberto: perché mette in circolo giovani energie formate ad una concezione non superficiale o narcisistica dell’informazione. Scorrere la pagina facebook del Premio, leggere i tanti ‘rimbalzi’ delle inchieste selezionate in questi anni, dà fiducia a chi crede nel futuro del giornalismo. Un baffo sta sorridendo soddisfatto…

Nella foto di questo articolo Roberto Morrione con Roberto Natale