“Per detenere il potere, oggi non contano più i soldi, ma soltanto possedere le informazioni; lo sappiamo bene noi che siamo qui a discutere, ma lo sanno ormai tutti”, tuona Giovanna Botteri, corrispondente Rai dagli Usa, in collegamento via satellite da New York con il Palazzo dei Congressi di Riccione.
La domanda sul piatto era: il giornalismo deve limitarsi a informare oppure deve anche formare? Un dibattito interessante, quello che è avvenuto nell’ambito del terzo Premio Roberto Morrione, stimolato acutamente da Barbara Serra, conduttrice di al Jazeera inglese a Londra, e attenta studiosa dei fenomeni dell’informazione. Un dibattito sostanzialmente di sfumature.
Le differenti posizioni, dialettiche infatti, hanno messo a confronto più le diverse epoche professionali dei protagonisti, i diversi momenti storici in cui si sono trovati a lavorare, come i diversi luoghi geografici. Stesso destino, invece, per i diversi media rappresentati: carta stampata, televisione, Rete. Fondamentale, per tutti, è l’impegno – lanciato dalla Botteri – a infilare sempre, comunque e magari di soppiatto un granello di sabbia nel meccanismo dell’informazione omologata per insinuare almeno il dubbio. A garanzia della libertà.
Il rispetto rigoroso del tema del dibattito “L’Europa tra Obama e Putin. Il ruolo dei media nelle crisi internazionali” ha presentato qualche difficoltà per i cinque esperti del settore, in una giornata cruciale per lo stillicidio di notizie drammatiche provenienti dal Medioriente e l’attesa di quelle dal vertice Nato in Galles, “il più importante dalla fine – presunta – della Guerra Fredda”.
Probabilmente, analisi e approfondimenti che vanno al di là della semplice notizia sono già formare, ben inteso non con finalità didatticopedagogiche, ma per fornire gli strumenti indispensabili per capire e farsi un’idea autonoma; “d’altronde – ha sottolineato Giuliano Battiston, freelance per il Manifesto e l’Unità, ricercatore e gran conoscitore dell’Afganistan – non formare sarebbe abdicare alle proprie responsabilità di giornalista”. “Descrivere soltanto è cattivo giornalismo”, ha concluso.
Su una posizione affine Giulietto Chiesa, storico corrispondente da Mosca per l’Unità e La Stampa, “caparbio bastiancontrario”, come ci ha tenuto a sottolineare lui stesso. “I media, tutti i media, compresi quelli tanto osannati che usano la Rete, non informano”, è il suo “j’accuse”. Occorre verificare le reali possibilità di accesso alle informazioni, a tutte le informazioni e non soltanto a quelle che convengono a una parte. Ho visto io colleghi allungare di soppiatto 50 dollari per indurre a sparare un colpo di cannone e spiegare poi che quella è la guerra. Se dici la verità il sistema ti espelle”.
Come possiamo dunque essere obiettivi? E poi, ne vale la pena, si è chiesto Gigi Riva, caporedattore Esteri de L’Espresso? “Siamo frastornati da un’overdose di informazione e, all’interno di questa immane cacofonia, è difficile distinguere ciò che vale da ciò che non vale, ciò che dobbiamo diffondere ed è giusto che si conosca da ciò che è meglio mantene riservato, per non alimentare spinte voyeristiche”.
Convinto che le tecnologie hanno rimesso l’informazione nelle mani della gente, Kevin Sutcliffe responsabile Programmazione Europa dell’innovativa piattaforma VICE News, video informazione via Internet fatta da giovani per giovani – e orgoglioso della tradizionale fama di obiettività conquistata sul campo dal giornalismo anglosassone, ha sostenuto che non occorre spiegare, ma è sufficiente fare vedere, fare sentire, fare vivere il più possibile direttamente per garantire la correttezza del proprio operato professionale.