Fondi rubati all’agricoltura: la BBC torna sull’inchiesta

di Alessandra Tarquini

Tutto è iniziato con il Premio Morrione un paio di anni fa, quando nessuno aveva mai raccontato prima questa storia. Il fiuto di due giovani giornalisti, Diego Gandolfo e Alessandro Di Nunzio, sulle tracci dei fondi europei sottratte dalle mafie all’agricoltura in Sicilia. Li incontriamo oggi, all’indomani dell’uscita su BBC World Service di reportage audio e video ai quali hanno collaborato.

Diego e Alessandro vincono a settembre 2015 la quarta edizione del Premio Morrione con la loro inchiesta “Fondi rubati all’agricoltura” dopo mesi di lavoro affiancati dalla loro tutor, la bravissima Sabrina Giannini di Report. Si inizia così ad accendere un faro su questa storia. Un po’ di stampa da subito riesce a capirne la portata e a seguire le tracce di Diego e Alessandro. Rainews24, principale media partner del nostro premio,  manda in onda prima di tutti l’inchiesta; ad ottobre ci troviamo a Ferrara di fronte ad una sala piena (e tante persone in fila che non riusciranno ad entrare) per la proiezione al festival di Internazionale, poi una interrogazione al Parlamento Europeo con l’eurodeputato Ignazio Corrao da cui nasce un contatto con la giornalista Manuela Saragosa della BBC. Arriva anche la collaborazione ad una puntata di PresaDiretta con Raffaella Pusceddu. Ma la stampa italiana ancora non capisce completamente la portata di questo filone investigativo svelato prima di tutti gli altri dai finalisti del Morrione. Ci vuole l’attentato al presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci di Maggio 2016. E proprio insieme ad Alessandro di Nunzio e Diego Gandolfo facciamo il punto sul loro lavoro investigativo e sulla collaborazione con l’emittente britannica.

  • Come nasce il contatto con la BBC?

Nasce tutto dalla vittoria del Premio Morrione e dall’arrivo dell’inchiesta al Parlamento Europeo. Manuela Saragosa, giornalista della BBC, segue l’interrogazione parlamentare e decide di vedere il nostro lavoro. Capisce da subito la forza della nostra storia e mostra subito l’intenzione di volerla proporre all’emittente britannica. Con la Brexit il lavoro è rimasto in sospeso. Ma ad un anno di distanza ci ha proposto di collaborare con lei. Noi, come fixer, l’abbiamo aiutata a raccontare questa storia al mondo grazie all’uscita di un reportage radio e uno video su BBC WORLD SERVICE e un articolo nel sito della BBC.

  • Dopo l’interrogazione al Parlamento Europeo qualche cosa si è mosso?

L’Olaf (l’ufficio europeo antifrode) si è mosso ma troppo poco è stato fatto e non c’è una presa di posizione della Commissione Europea. Ancora manca la certificazione antimafia a livello europeo. Per questo crediamo che sia importante continuare ad investigare il sistema della mafia rurale a livello europeo finché le istituzioni europee non si attiveranno adeguatamente per affrontare la situazione, magari con una commissione di inchiesta a livello globali.

  • La vostra inchiesta è avanzata insieme alla BBC?

Si e ci siamo resi conto che il fenomeno è sempre più grave. E’ di portata gigantesca, come dimostrato anche dall’attentato ad Antoci, e che il fenomeno si estende oltre i confini siciliani. Il protocollo Antoci, un protocollo antimafia che porta proprio il nome di Antoci, diventerà probabilmente una legge nazionale e pare che molti procuratori siano pronti a far scattare le manette in giro per l’Italia. La situazione sta per esplodere ancora di più.

  • E proprio con la BBC avete nuovamente incontrato Antoci. Come è andata?

Sia non abbiamo mai perso i rapporti con lui. E rivedendolo con la BBC, ci siamo – noi con lui – accorti che avevamo centrato un tema forte e degno di attenzione a livello europeo. Ci ha proprio detto: “Ragazzi, questo meccanismo lo abbiamo scoperto insieme e insieme abbiamo iniziato ad unire i tasselli. Io prima di vedere il vostro documentario non avevo ancora messo insieme tutti i pezzi. Le istituzioni e il mondo del l’investigazione giornalistica si sono in qualche modo uniti, facendo un lavoro complementare”. Lui è diventato un personaggio molto in vista ed è stato insignito anche del Premio Continentale per l’Ambiente, ma tuttora quando quando partecipa ai convegni, cita sempre il Premio Morrione e la nostra inchiesta.

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  • E gli agricoltori siciliani come stanno?

Continuano la loro battaglia. Emanuele Feltri, ad esempio, sta portando avanti la sua idea di villaggio ecosostenibile ed è seguito da molti altri. In quest’ultimo viaggio con la BBC ci siamo resi conto che ce ne sono tanti altri che si trovano nella situazione di violenza della mafia che avevamo già raccontato noi. Ma, allo stesso tempo, inizia a formarsi una rete tra gli agricoltori che sono contro la mafia rurale”. In qualche modo la nostra inchiesta ha contribuito a formalizzare il fenomeno della mafia rurale e a farli rendere conto che non sono soli.Uno di loro, Cesare Nicodemo, titolare della Cantina JUDEKA di Caltagirone, ha appena vinto la prima fase di un processo contro la mafia rurale che lo voleva costringere ad abbandonare la sua terra.

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  • Come è stato lavorare con i colleghi d’oltremanica?

Molto interessante e formativo. Il pool inglese con cui abbiamo lavorato era composto da persone, Manuela Saragoza e Sarah Stolarz, molto aperte e capaci. Ci siamo messi in un rapporto alla pari e a vicenda, ci siamo insegnati delle cose. Noi abbiamo portato loro in mezzo al tema e loro ci hanno insegnato il giornalismo all’inglese che va diritto all’obiettivo senza perdersi in mille rivoli, ripulito da tutti i fronzoli, con un’estrema attenzione alla verifica delle fonti.

  • I fondi europei sottratti dalle mafie sono un caso emblematico dell’Europa che non funziona. Come pensate si inserirà nel dibattito sulla Brexit in corso in Gran Bretagna?

Certamente la nostra inchiesta mostra una grande debolezze dell’UE. Ma noi come giornalisti raccontiamo i fatti e non possiamo esimerci dal farlo anche se ne viene fuori una Europa in cui i fondi per lo sviluppo vanno ad ingrassare le casse della criminalità organizzata. Confidiamo che sia uno stimolo per le istituzioni europee a migliorare e a porre un freno a quanto sta accadendo, mettendo in pista vere politiche di sostegno agli agricoltori.

  •  Insieme alla BBC avete toccato anche il tema dello sfruttamento dei migranti in agricoltura. Un tema nuovo?

Quando ci siamo immessi nelle campagne per capire dove andassero a finire i fondi, una delle prime cose che abbiamo capito è che gli agricoltori potrebbero fare a meno degli aiuti se riuscissero a vendere i loro prodotti ad un prezzo giusto, cosa ora impossibile per via della concorrenza dei prodotti dei paesi del Maghreb, dell’Africa del Nord. Ci siamo resi conto che molti di loro per tenere il passo ricorrono allo sfruttamento dei migranti. Senza giustificare questa situazione, insieme alla BBC abbiamo cercato di aggiungere un anello di comprensione su questo tema.

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  • Prossimi progetti in vista?

Continuiamo a lavorare su progetti di giornalismo d’inchiesta e, dopo la collaborazione con Ferruccio Pinotti sul libro “La lobby di Dio” di Chiarelettere, stiamo chiudendo il nostro primo libro d’autore con la casa editrice Ponte alle Grazie che speriamo di chiudere entro dicembre.