Credere fino in fondo nelle inchieste. Intervista al tutor Pietro Suber

di Alessandra Tarquini

Giornalista e documentarista, Pietro Suber è caporedattore a Mediaset e vice presidente dell’associazione Carta di Roma. Per anni inviato di guerra ha accettato di essere uno dei quattro tutor giornalistici dell’ottava edizione del nostro Premio. Anche a lui abbiamo posto cinque domande e con le sue cinque risposte capiamo come è nata in lui la passione per il giornalismo e come intende accompagnare i finalisti nella realizzazione della loro inchiesta. Ricordiamo a tutti gli under 30 che c’è tempo sino al 20 gennaio per l’invio delle candidature.

  • Perché hai accettato il ruolo di tutor del Premio Morrione? Che cosa significa per te?
Semplice, perchè ho avuto la fortuna di conoscere Roberto Morrione. Ho sempre apprezzato il suo modo di fare e intendere il giornalismo, inteso non solo come passione e aspirazione verso verità e giustizia,  ma come profondo coinvolgimento etico in una professione cardine per il funzionamento del sistema democratico.   Inoltre si tratta una esperienza nuova che, affiancando giovani colleghi,  certamente arricchirà anche il mio bagaglio professionale.
  • Cosa ti aspetti dal giovane under 30 che seguirai nella realizzazione della inchiesta? 
Tanto entusiasmo e passione, con la voglia di mettersi in gioco su terreni e settori  anche difficili e con la giusta determinazione per aprire armadi e cassetti nascosti. Il tutto condito da una sana propensione a mantenere i piedi per terra, facendo un passo alla volta. Se la perfezione è impossibile perchè non tentare almeno di avvicinarsi?
  •  Quando hai capito che la tua professione sarebbe stata quella giornalistica?
 A Berlino a metà degli anni Ottanta. Quando, durante il mio periodo di servizio civile all’estero,  ho avuto la fortuna di soggiornare, un pò per caso, nella parte est della città proprio mentre il periodo della guerra fredda era alle battute finali e le prima crepe sul Muro che divideva in due la città e l’Europa erano già evidenti. Certo le condizioni erano ben diverse rispetto a quelle attuali, i giornali aprivano e cercavano giovani collaboratori….iniziare questa straordinaria professione era molto più semplice da tanti punti di vista.
  • C’è una inchiesta che consideri un esempio da seguire? Se si, quale e perché?
Mi viene in mente l’inchiesta sul recupero del barcone dei migranti calato a picco a Porto Palo, scritta da Giovanni Maria Bellu per Repubblica. Da solo, con grande determinazione e cocciutaggine, riuscì a smuovere le montagne raccontando le tante tragedie del Canale di Sicilia trasformato in cimitero. E riportando alla luce, contro tutto e tutti,  grazie a gran fiuto e testardaggine, anche la dignità degli ultimi.
  • Cosa consigli a chi sta in questo momento scrivendo il progetto di inchiesta per il nuovo bando?
Di essere ottimista nonostante i venti di bufera che soffiano da tutte le parti. E di credere anche nelle imprese e nelle inchieste sui temi più complessi e difficili….niente è impossibile a patto di provarci fino in fondo.