Innovazione, umiltà e generosità. La lezione di Roberto Morrione

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di Norma Ferrara, giornalista di Report Rai 3, già giornalista di Libera Informazione.  

Il sole di marzo che si affacciava tra i palazzi di Roma Nord, avanzava timido anche sulla piccola scrivania elegante e ordinata di Roberto, illuminando, minuto dopo minuto, ogni dettaglio: la penna stilografica, il computer anni ‘90, un’agenda fitta di appunti, alcuni libri e infine lui, il suo baffo.  Era pomeriggio e nell’aria c’era un po’ di tensione. Avevamo pensato per settimane a quella riunione con il direttore che non vedevamo da un po’. In quel periodo le comunicazioni quotidiane viaggiavano sulla linea telefonica che vedeva da un lato Roberto Morrione, 40 anni di Rai vissuti quando molti di noi non erano ancora nati, e dall’altro un nascente segretario di redazione, Gaetano Liardo, che sentiva sulle sue spalle una responsabilità di gran lunga più grande del ruolo che svolgeva. Erano gli ultimi anni di un progetto, la Fondazione-Osservatorio sull’informazione e contro le mafie “Libera Informazione”, nato tra mille difficoltà e alcuni abbandoni: due professionisti come Alessio Magro e Mariangela Paone, avevano dovuto lasciare il progetto per proseguire con il loro percorso professionale. Mancarono molto a Roberto e a noi che, più giovani e meno esperti, avremmo avuto ancora molto da imparare da loro. Insieme ad Alessio e Mariangela, con Lorenzo Frigerio che arrivava da Libera e i colleghi Stefano Fantino e Giacomo Governatori assistemmo alla nascita di Libera Informazione nel settembre 2007 e ad una inversione di percorso nella storia di un uomo di potere. Dopo il pensionamento dalla Rai, azienda alla quale aveva dedicato tutta la sua vita professionale, Roberto aveva scelto di riportare il suo impegno civile lì dove era nato nella sezione di partito: fra i giovani, sui territori, raccogliendo le istanze dei cittadini. Era corteggiato da istituzioni e alcune testate giornalistiche per ricoprire ben altre cariche a fine carriera, ma lui scelse di dare vita a uno spazio di informazione e azione sui temi delle mafie e rimase con noi sino alla fine. 

L’ultima battaglia di Roberto

La riunione ebbe inizio e Roberto ascoltò le nostre proposte e qualche lamentela. Il  progetto cui stavamo lavorando era stato letteralmente travolto negli anni da numerose istanze arrivate da giornalisti, insegnanti, attivisti, giovani, enti locali, aveva quindi dovuto seguire diverse strade e da Osservatorio sull’informazione era diventato un giornale on line. “Devo confessarvi” – disse quel giorno, con un sorriso a metà strada fra il compiaciuto e l’autocritico… – “che io l’ho pensato da subito come un giornale on line. C’è un vuoto di informazione in questo Paese e dobbiamo fare la nostra parte sul tema della lotta alle mafie, ancora così sottovalutato dalla politica e dai mass media”. Era il 2011 e negli ultimi quattro anni la “notiziabilità” dei fatti di mafia e antimafia era notevolmente cambiata. Quando avevamo dato vita a Libera informazione, la notizia di un’autobomba scoppiata in pieno centro a Foggia per mano mafiosa non arrivava nella scaletta dei tg, servivano 3-4 settimane di “lavoro” per portarla all’attenzione della cronaca nazionale. Come hanno dimostrato molti studi universitari, fra il 1999 e il 2005 c’era stata una sorta di rimozione del problema “mafie” e sui territori i giornalisti locali e gli attivisti del terzo settore erano rimasti isolati, esposti e inascoltati. Roberto con Libera Informazione li andò a cercare, uno ad uno, dalla Sicilia alla Lombardia, per riportare alla luce le loro cronache, alcune denunce che poi diventarono articoli per il portale, per dare vita a dossier o inchieste da presentare all’attenzione delle istituzioni e dell’informazione nazionale. Fu un’attività giornalistica, certo, ma fu anche una esperienza sindacale e politica, un tentativo di riorganizzare il mondo dell’informazione su questi temi.  Molti giornalisti, in quegli anni, erano precari pagati cinque euro ad articolo e di questa rivendicazione che saldava la qualità dell’informazione con il superamento del precariato giornalistico Roberto si fece portatore ovunque, sino all’ultimo congresso della Fnsi cui partecipò (video). Dentro c’è l’Italia di quegli anni, ci sono i silenzi, le pressioni, le querele subite dai colleghi, le reti sociali che supplivano alla mancanza dello Stato in diverse regioni del Sud. Dentro ci sono Roberto e la sua ultima battaglia per  un’informazione di qualità. 

Un innovatore nella storia del giornalismo

Con Libera Informazione Roberto stava tentando di colmare alcuni vuoti dell’ informazione ma la rivoluzione digitale correva veloce dietro le nostre spalle, senza nemmeno darci il tempo di girarci ad osservarla. La rapida evoluzione del giornalismo on line stava per travolgerci e avevamo pochissimi strumenti economici per resistere. Ricordo che mentre noi, proprio in quella riunione che fu per tutti noi un testamento giornalistico non scritto, eravamo preoccupati di questo aspetto, lui era orgoglioso. Era soddisfatto di aver anticipato  – ancora una volta – la storia, come aveva fatto a Rainews24, primo canale all news della Rai da lui fondato. Anche in quest’ultima avventura Roberto era stato in grado di guardare avanti, di vedere prima di altri, di saper cogliere nell’aria un cambiamento che stava per arrivare nel giornalismo.  “L’ho fatto di nuovo”, dev’essersi detto, accarezzando il baffo. L’esito prevedibile di quella riunione fu la conferma del nostro spazio giornalistico on line, “indietro non si torna”, disse. Avevamo imparato a conoscere il direttore e non eravamo affatto sorpresi. Gli anni di lavoro al suo fianco, ci avevano portato dentro il suo modo di essere giornalista, di essere direttore, di costruire e tenere “la linea” . Avevamo osservato da vicino quel temperamento apparentemente mite dentro il quale maturavano scelte radicali che avevano radici profonde, nate nel secolo scorso. Gli strumenti culturali e politici che Roberto era in grado di mettere in campo, le sue qualità umane, il suo linguaggio raffinato e al contempo la sua capacità di ascoltare tutti con la stessa attenzione e cura, lo differenziavano nettamente da altri direttori che avevo conosciuto. Gli anni vissuti al suo fianco hanno rappresentato una lezione di vita e di giornalismo che difficilmente avrei potuto apprendere nelle scuole “regolari” dell’Ordine. Un’esperienza unica, rimasta patrimonio di quella che fu la sua ultima redazione.

La generosità e l’umiltà di un direttore 

La riunione stava per terminare e ricordo che lanciai una piccola proposta, desiderosa com’ero di rinnovare il sito che non reggeva il passo con il nuovo panorama informativo italiano. Timidamente dissi: “Roberto, molti ci scrivono per sapere il tuo punto di vista su alcuni temi, per avere un riscontro da te, ti seguono da anni, sono il tuo pubblico Rai. Perché non facciamo uno spazio delle lettere al direttore?” .“Norma, io non ho la penna di Michele Serra!” – rispose Roberto. Fragorose risate riempirono la stanza. Lui rideva della mia proposta, noi della sua risposta. Pochi minuti dopo aveva già trovato la sintesi perfetta: avremmo fatto nascere quello spazio ma sarebbe stato il luogo dei commenti dei nostri corrispondenti, degli attivisti volontari, dei lettori. Per quanti oggi, nei giorni in cui Roberto avrebbe compiuto 82 anni, si stiano chiedendo chi sia stato questo direttore con i baffi nel cui nome ogni anno molti giovani muovono i primi passi nel giornalismo d’inchiesta, basterebbe partire da questo piccolo episodio che disvela l’umiltà di un giornalista giunto ai massimi livelli della professione e ancora generosamente concentrato a lasciare spazio ai colleghi e ai lettori, “agli altri”.  In una riga, un autentico interprete del ruolo del giornalista come servizio pubblico.