Interviste e nuove piste da seguire. Diario dei finalisti della 7a edizione

di Veronica Di Benedetto Montaccini e Francesca Candioli

Il sogno si è avverato, la nostra inchiesta è stata selezionata. Adesso bisogna impegnarsi veramente. Il primo mese di lavoro è stato una corsa tra interviste, treni da non perdere e nuove piste da approfondire.

Quei giorni di gennaio passati a Roma in una full immersion in cui quasi non sapevamo più cosa stesse accadendo nel mondo esterno, concentrate solo sull’argomento da proporre al Premio Morrione, non sono stati inutili. Ci hanno permesso infatti di creare una rete di contatti che ora, nella fase operativa, ci sta aiutando moltissimo.

Si tratta di alcuni dei protagonisti della storia che vogliamo raccontare che alla telefonata “abbiamo vinto, si parte” si sono immediatamente resi disponibili per le interviste video. Calendario alla mano, abbiamo cercato di incastrare i momenti migliori per gli incontri. Facendo lo slalom tra le nostre collaborazioni freelance di cui viviamo, le disponibilità degli intervistati e….sì, anche i prezzi più economici dei treni.

Partire dagli esperti del tema dell’inchiesta, da chi sta già facendo una battaglia personale per portarlo alla luce, ci ha permesso di avere un quadro chiaro della questione. Di non cadere nella tentazione di essere sensazionalistici e vedere tutto bianco o nero. Abbiamo capito che in questo lavoro le sfumature saranno tante se vogliamo riuscire a rendere la complessità. Sbobinare questi dialoghi in cui ci sono statistiche, dati e nomi e una ricostruzione storica del problema ci farà arrivare più consapevoli alle domande chiave dell’inchiesta.

Le prime tre interviste sono state un bel campo di prova. Fondamentali sia per rodare il lavoro in team anche con i nostri filmaker, sia per dare l’imprinting allo stile che vogliamo tenere in questi 20 minuti di video. Fortunatamente abbiamo un tutor, Federico Russo,  che ci risponde anche alle 11 di sera per gli ultimi consigli prima delle riprese.

Non lo nascondiamo: a volte si litiga. Non sui contenuti, visto che abbiamo entrambe un’attenzione particolare e quasi maniacale alla preparazione delle interviste. Ma è sulla parte tecnica che scivoliamo: un radiomicrofono che non funziona proprio mentre parte il ciak, uno slider che arriva in ritardo o un hard disk pericolosamente in giro tra Roma e Bologna bastano per far partire un’accesa discussione. Forse è normale, quando si tiene così tanto ad un’inchiesta.

Più andiamo a fondo, più appaiono dei filoni da seguire che neanche ci attendevamo. In alcuni momenti ci sembra un’impresa più grande di noi. Poi però i primi intervistati ci dicono “ragazze, siamo con voi. E’ importante denunciare questa truffa: potete aiutare molte famiglie con il vostro lavoro!”. Rimboccarsi le maniche è obbligatorio.