Non vorremmo più essere costretti ad ascoltare parole di odio. Non dai media: non dai giornali, né dalla rete. Non dalle radio, né dalle tv. Non dai giornalisti, almeno.
E invece accade. Accade ogni giorno, da anni: toni e parole violente diventano titoli di prima pagina, occupano i telegiornali, rimbalzano nei social media. Il ricorso ai mezzi più spicci e brutali – contro gli “zingari”, contro i “ladruncoli”, contro i “migranti”, contro i “fannulloni”, contro i “sindacalisti”, contro i “gufi”… contro qualsiasi avversario antico o recente – è invocato con parole di fuoco, lasciate sempre più irresponsabilmente libere di circolare. Strumenti razzisti di una lotta politica senza più regole.
Giudichiamo il fenomeno dai frutti che porta: pronunciate, scritte, trasmesse con l’intento di negare la dignità dei propri interlocutori, con il fine di minacciarne l’esistenza, con l’obiettivo di ridicolizzarne la personalità, i gusti, le inclinazioni – pur di raggranellare un pugno di consensi – le parole violente generano nuova violenza, fanno crescere l’odio. Un sentimento che, se alimentato, diviene irredimibile e viola i diritti elementari delle persone e finisce per minare alla radice il patto sociale che tiene insieme le comunità.
La sopraffazione dell’avversario – questo lo scopo ultimo di ogni parola violenta che fa leva sull’eco dei media – non è un fine annoverabile tra gli obiettivi della dialettica democratica. Non deve più trovare compiacenti amplificazioni tra gli operatori dell’informazione.
L’Associazione Amici di Roberto Morrione aderisce alla campagna #nohatespeech non per espellere dai toni o dai registri espressivi l’aggressività – fonte di vita e declinazione del desiderio; né certo per ricoprire la ricerca della verità con un velo ipocrita di “buonismo”.
Non vogliamo “smorzare i toni”: vogliamo alzare la voce! Ma senza ridicolizzare, minacciare, espellere nessuno.
Senza invocare la forca. Senza offendere altri esseri umani per il colore della loro pelle, per il loro credo, le loro idee, le loro opinioni, la loro professione, la loro estrazione sociale, la loro storia.
Noi, amici di Roberto Morrione, sappiamo che la verità – dei fatti, delle persone, della vita – può essere molto dolorosa, orribilmente scabrosa, assai difficile da trattare, persino pericolosa. Per questo va rispettata, va comunicata con chiarezza, scegliendo le parole, distinguendo i toni, apprezzando le differenze e non sfregiandole perché esaltano, per contrasto, le nostre contraddizioni.
A questo scopo l’Associazione, dal prossimo bando di concorso della Quinta Edizione del Premio Roberto Morrione, s’impegna a sensibilizzare tutti i partecipanti sui temi e i problemi della campagna #nohatespeech.
Perché siamo tutti convinti che il futuro della convivenza civile – prefigurato e tutelato dalla Costituzione repubblicana del 1948 – si costruisca e si difenda ogni giorno, a ogni passo che compiamo, con le opere e con la materia prima del nostro mestiere: le parole.
Vice presidente dell’Associazione Amici di Roberto Morrione
Questo articolo è pubblicato nel sito del progetto Illuminare le periferie