La parola d’ordine è non fermarsi: bisogna continuare a cercare, approfondire e capire.
Come si spostano i soldi? Da dove arrivano? Quali sono gli interessi dietro questi
movimenti? È necessario muoversi, andare nei luoghi di interesse. L’opportunità incredibile che ti offre il premio Morrione è proprio questa: vivere i luoghi da giornalista, facendo un lavoro che, per la nostra età e esperienza, pochi altri ci permetterebbero di fare. Questa occasione va presa di petto, cercando di fare il più possibile.
Una volta terminata la fase delle riprese, ci si trova a dover mettere in ordine tutte le
informazioni raccolte. Come strutturare il racconto? Quali sono le informazioni cruciali?
Anche qui, il premio offre un’opportunità unica: costruire un lavoro giornalistico con la guida di una persona di grande esperienza sul campo. Ci si siede a tavolino con il proprio tutor, nel mio caso Giulia Bosetti. È qui che l’esperienza da giornalista investigativa, maturata lavorando in televisione, emerge in tutta la sua potenza, riuscendo a organizzare un discorso chiaro e diretto.
Da lì parte l’ultima fase del lavoro: il montaggio. Qui tutto si crea e tutto si distrugge. Un buon pezzo montato male può rovinare mesi di lavoro. Bisogna conoscere il materiale, avere chiaro cosa si vuole raccontare e non affezionarsi troppo a un’unica visione. È fondamentale avere una buona intesa con chi si occupa del montaggio. Per quanto mi riguarda, si tratta di Giorgia Panzardi, conosciuta in precedenti avventure lavorative. Il Premio Morrione ci ha offerto l’opportunità di lavorare di nuovo insieme, replicando un’intesa che aveva già funzionato in passato.