Giornalismo, una questione di gruppo. Diario dei finalisti dell’8a edizione

di Maurizio FrancoMatteo Garavoglia, Ruggero Scotti

Il poeta scriveva: “Perdonami se ti ho scritto una lettera di tre pagine, ma non ho avuto il tempo di scriverti una lettera di una pagina”. Ora capiamo bene di cosa stava parlando. Il valore di un’inchiesta è dato dal tempo e dalle energie impiegate a ciò che non c’è bisogno di dire, a fare una efficace sintesi giornalistica, a selezionare bene il materiale e a renderlo maggiormente d’impatto. È un po’ come togliere il superfluo da un grande blocco di marmo per renderlo simile al David, per tornare a grandi artisti.

Noi che grandi artisti non siamo, tutt’altro, dobbiamo cercare lo stesso di impiegare al meglio tutto il tempo che stiamo investendo in questo progetto, e non sempre è facile. Il problema è che facciamo letteratura da corsa, che abbiamo delle scadenze da rispettare ed è quindi saggio che ogni giorno verifichiamo i passi fatti in avanti. Il gentiluomo con corre mai, ma mai resta fermo. Fin dal presto mattino si accavallano telefonate, mail, interviste e materiale girato da montare. Ogni giorno la mole di lavoro cresce e rischia di diventare una valanga che prima o poi cede, perciò serve organizzazione massima e nervi saldi. Paura non ne abbiamo, e indietro non si torna nemmeno per prendere la rincorsa.

Certo, ogni tanto qualcuno di noi bonariamente sbrocca e cerca di riportare all’ordine tutti gli altri: anche quelli sono momenti di interessante crescita culturale, almeno nel senso che ognuno finisce per imparare gli improperi dialettali dell’altro. Sono iniziate anche le trasferte e a volte l’impressione di aver macinato montagne di chilometri e stanchezza per il solo parto di un topolino può abbatterti, ma siamo consapevoli che il giornalismo deve tornare ad essere questo, un mestiere paziente, che si fa soprattutto con i piedi, consumando le suole delle scarpe.

In ogni maratona c’è anche un’importante questione di cuore, il ritmo nel racconto giornalistico è tutto e il nostro non può essere né troppo rapido né troppo lento. Bisogna calibrarlo con il morale del gruppo, giorno dopo giorno: questa è una difficoltà che non ci aspettavamo, ognuno di noi cerca di tener testa agli impegni come può e l’elettrocardiogramma del nostro incedere a volte si fa tumultuoso, altre volte sembra esserci calma piatta. Ma c’è sempre vita, non ci siamo fermati un attimo e così continueremo. L’equilibrio con l’esperienza che matura piano piano sta arrivando. Anche quel battito che ogni volta che dobbiamo incontrare il nostro tutor Giovanni Tizian arriva fino alla gola a farci preoccupare ci dice che il cuore va buttato oltre ogni ostacolo. Ancora il poeta sosteneva che bisogna accettare le stagioni dell’anima come si accettano le stagioni sui campi di girasole. Il problema semmai è che a maggio non vuole finirla di piovere.

Per fortuna tutti gli incontri con i professionisti messici a disposizione dal Premio Morrione stanno andando bene e ci danno nuova linfa. Vedere come ogni tessera del mosaico sia importante per le altre ci fa capire ancora una volta quanto il giornalismo sia una questione di gruppo.