Il nostro premio si distingue per molti elementi che lo rendono unico nel panorama italiano e internazionale e certamente uno di questi è la presenza dei tutor, figure fondamentali con la grande responsabilità di guida, di indirizzo e punto di riferimento per i finalisti. Il racconto di questa quarta edizione quindi non può prescindere dalla loro testimonianza. Oggi *intervistiamo Anna Migotto, giornalista di Terra! di Rete Quattro, tutor assegnata all’inchiesta “Bestiario Criminale” di Eva Alberti, Federico Thoman, Susanna Combusti e Silvia Ricciardi (guarda il trailer).
- Come è andato il tutoraggio?
E’ stato molto interessante soprattutto per una questione generazionale e per il lavoro di squadra che abbiamo fatto. Io in genere lavoro in solitaria e invece con il Premio Morrione ho avuto l’occasione di incontrare dei giovani giornalisti e i loro punti di vista. Con loro, in questi mesi, si è stretta un’amicizia.
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Le tue impressioni generali sull’inchiesta Bestiario Criminale?
E’ un’inchiesta molto originale perché il tema del traffico illegale di flora e fauna è del tutto nuovo. Siamo partiti da zero a lavorare su uno stimolo dato da un dossier del WWF e siamo riusciti a realizzare un’inchiesta precisa, scrupolosa, ma mancava il fattore umano che invece è presente nelle altre due inchieste finaliste. Con il senno di poi penso che avremmo dovuto aggiungere il racconto di una storia per avvicinare il telespettatore alla complessità dell’inchiesta. Infatti quando un’esperienza è raccontata in prima persona è un’altra cosa, l’impatto è più forte. C’erano anche altri filoni interessanti, come quello del commercio del legname, da approfondire, ma avrebbero richiesto più tempo e più risorse. Comunque il lavoro non è chiuso. Quando ci siamo incontrati, alla premiazione a Riccione, Silvia mi ha mostrato l’ultimo numero del National Geographic con la foto di una zanna d’avorio in copertina. Il tema è caldo e “Bestiario criminale” è stato l’inizio, penso che l’inchiesta possa avere delle ottime evoluzioni, continuando il lavoro.
- Cosa ti ha colpito di questi giovani giornalisti?
Sono svegli. Hanno lavorato con tenacia, con attenzione. Ognuno di loro ha la sua strada; hanno lavori, come tanti altri giovani colleghi, ancora precari e hanno tutta l’intenzione di investire nel proprio futuro professionale nel giornalismo. Sanno anche guardare in modo critico al proprio lavoro e proprio dagli errori ripartire con grinta. Sono convinta che poter aggiungere nel loro curriculum il fatto di essere stati nella terna dei finalisti del Premio Morrione farà la differenza e gli porterà fortuna.
- Conoscevi Roberto Morrione?
Non lo conoscevo personamente,ma naturalmente era un faro. Ho sempre seguito il suo lavoro. Era un grande nome del giornalismo italiano. Penso che il Premio Morrione sia il modo migliore per ricordarlo, oltre che per le cose fatte nella sua carriera. Il premio infatti da un’opportunità straordinaria ai giovani talenti di realizzare una loro idea che altrimenti non vedrebbe la luce. Sarebbe stato un peccato premiare un lavoro già fatto.
- Eri il tutor, ma c’è qualche cosa che hai imparato tu da questa esperienza?
Per me è stato molto gratificante avere delle persone con le quali confrontarsi e alle quali poter trasmettere alcuni principi della nostra professione, ancor più che gli elementi tecnici del mestiere. Il lavoro che abbiamo realizzato è soddisfacente ed è stato bello incontrare dei giovani giornalisti capaci di ascoltare. Non sono pronta ancora per dedicarmi all’insegnamento totalmente perchè ho una grande voglia di raccontare in prima persona i fatti, ma sono sempre disponibile per aiutare i giovani colleghi.
*Intervista a cura di Alessandra Tarquini