Dietro le quinte delle inchieste realizzate dai finalisti del Premio Roberto Morrione lavorano in tanti. Primi fra tutti i tre tutor giornalistici, assegnati ai tre progetti. Si tratta di giornalisti professionisti che seguono i giovani autori dall’inizio alla fine nella realizzazione della loro inchiesta. E’ interessante capire in che modo i tutor interpretano questo ruolo e come vivono l’esperienza del nostro premio. Fausto Pellegrini, giornalista di Rai News 24 e 30 anni di lavoro e sindacato a fianco a Roberto Morrione, è stato uno dei tre tutor 2015. Ha seguito il lavoro sull’inchiesta “Obiezione Vostro Onore” di Claudia Torrisi, Sebastian Viskanic, Federica Delogu e Filippo Poltronieri (guarda il trailer). Il tema affrontato era molto delicato: la situazione dell’applicazione della legge 194 sulla interruzione volontaria di gravidanza a Roma. In questa intervista* il tutor esce dalle quinte, si siede sul palco e racconta il suo punto di vista, la sua idea di giornalismo e l’impressione sui giovani giornalisti incontrati.
- Come è andato il tutoraggio?
E’ andato bene. E’ stata un’esperienza positiva e interessante. Abbiamo iniziato decidendo cosa andare a investigare. Sin da quel momento ci siamo scambiati molte idee e, anche se eravamo tutti molto impegnati, ci siamo visti diverse volte. Ogni volta abbiamo lavorato insieme per almeno un paio d’ore rivedendo i pezzi del girato, montato. I ragazzi sono venuti anche qui nella mia redazione a Rai News 24 e potuto attingere a dei materiali utili disponibili nel nostro sistema.
- Le tue impressioni sull’inchiesta “Obiezione Vostro Onore”?
L’inchiesta è molto buona. La sua difficoltà stava anche nel fatto che gli autori si scontravano con due diritti sanciti dalla Costituzione: il diritto dei medici all’obiezione e il diritto delle donne a interrompere volontariamente una gravidanza, diritto previsto dalla legge 194, legge votata e adottata dallo Stato. Non mettendo in discussione il diritto all’obiezione, gli autori hanno deciso di ragionare sul fatto che troppi medici hanno “giocato” su questo diritto per non applicare la 194. Questi medici hanno reso la legge in molti casi inapplicabile o comunque hanno messo a dura prova la resistenza delle donne che già vivono una situazione emotivamente molto difficile e delicata. I ragazzi sono stati in grado, senza sminuire l’uno o l’altro diritto, di mettere in evidenza sia la situazione psicologica difficile per le donne sia a far capire come sia facile e possibile mettere un diritto contro l’altro. Sono riusciti a farsi raccontare delle storie e trovare il filo conduttore della ragazza che ha vissuto sulla sua pelle la difficoltà di abortire a Roma.
- Guardando all’inchiesta oggi faresti qualche cosa in maniera diversa?
Con il senno di poi potremmo aggiungere una voce di un medico obiettore che crede davvero nella sua scelta. Ma avrebbe aperto nuovi orizzonti che non rientravano nel percorso tematico deciso. D’altro canto è anche vero che l’inchiesta aveva un taglio che non richiedeva questa ulteriore testimonianza. Inoltre sin dall’inizio si era dato come presupposto quello di denunciare come viene aggirata nella capitale la legge sull’aborto e le voci raccolte erano sufficienti allo scopo.
- Cosa ti ha colpito dei giovani giornalisti con i quali hai lavorato?
Hanno una grande passione e sono molto bravi. Hanno un’idea e la perseguono in maniera determinata. Cercano le storie da approfondire e le portano avanti con molta energia. Hanno inoltre la grande capacità di utilizzare i mezzi tecnici più disparati: lavorano con la telecamera, scrivono e usano lo smartphone. Si pongono forse meno dubbi di qualcuno più grande di loro, ma questo non è un difetto: è anche la loro bellezza. Proprio riconoscendo la loro capacità di innamorarsi dei progetti e di partire come treni per realizzarli, in qualità di tutor ho cercato di ragionare con loro, porgli dei dubbi, ridestando gli elementi che avevano trovato lungo il percorso e ricordandogli che non siamo sempre di fronte a delle verità indiscutibili. Così, sono certo, si sono fatti più domande di quelle che avevano all’inizio.
- Tu conoscevi bene Roberto Morrione. Nell’interpretare questo ruolo hai cercato di trasmettere qualche elemento del suo modo di fare giornalismo?
Io spero che in tutto ciò che faccio ci sia il segno di quello che io e Roberto abbiamo condiviso in quasi trenta anni tra lavoro (Rai News 24, Rai International, Tg3) e sindacato. Spero che quello che ho detto e cercato di lasciare ai ragazzi sia quello che lui, sicuramente meglio di me, avrebbe detto e fatto. La visione che io ho del giornalismo nasce dalla condivisione avuta con Roberto Morrione. E’ da lui che ho imparato a non dare nulla per scontato e l’importanze per un giornalista di non essere di partito, ma di parte e la parte da prendere è sempre quella dei più deboli. Spero di esserci riuscito.
- Eri il tutor, ma c’è qualche cosa che hai imparato tu da questa esperienza?
Ogni volta che ti metti in relazione si crea un circolo nel quale tu ricevi tantissimo anche se il tuo ruolo, proprio come in questo caso, sarebbe quello di dare. E’ una dinamica di scambio assolutamente forte. Lavorare con i ragazzi mi piace tanto e con Federica, Filippo, Sebastian e Claudia ho avuto modo di incontrare persone che amano il giornalismo, proprio come me. Ho apprezzato il loro modo di parlare, di ragionare. Sono riuscito a vedere come loro vedono la realtà e quando incontri giovani giornalisti molto bravi come loro capisci come sta cambiando l’informazione. Inoltre con la loro inchiesta ho conosciuto una situazione che ignoravo prima.
*Intervista a cura di Alessandra Tarquini