Il viaggio è lungo e c’è solo una voce a farmi compagnia. Quella della radio. La prima intervista della mia inchiesta è dall’altra parte dell’Italia: decido di farmela in macchina. Sono pieno di borse, reflex, luci e cavalletti, impossibile muoversi con altri mezzi. Ho una via e un numero civico, niente di più. È un incontro segreto, è il battesimo che mi aspettavo quando ho deciso di partecipare al Premio Morrione.
Le inchieste nascono dall’osservazione della realtà: le tematiche su cui indagare si trovano così, raccogliendo notizie e informazioni. Prima della fase operativa però c’è stato un grande lavoro di documentazione: pubblicazioni sulla materia, documenti, visure camerali e molto altro. Ma c’è soprattutto un copione, il copione di Danilo Procaccianti. Non si parte se non si hanno tutti i punti ben spiegati e illustrati; chi dice cosa; la sequenza di immagini da abbinare; il taglio dei frame e degli speech, e le domande da fare.
È molto faticoso dal punto di vista mentale, ti trovi in situazioni difficili e devi decidere come agire. Certo, e anche per questo il dialogo con il mio tutor è fondamentale. Per chi come me non ha avuto la fortuna di avere un maestro di redazione che ti svela i segreti di questo mestiere, la conoscenza con Danilo è stata una fortuna. Quindi prima di accendere la videocamera o di buttarmi nell’ennesimo spin-off di un’idea, alzo il telefono e lo chiamo.
Un’inchiesta è un lavoro in continua evoluzione, e anche il mio non fa eccezione. Il tempo stringe e i punti sul copione sono molti. Come nasce un’inchiesta? Dal dialogo, dalla curiosità e dalla speranza di poter cambiare le cose (almeno per qualcuno).