diFrancesco Trinchini, finalista del Premio Roberto Morrione
«Devi decidere se fare il dottorato o la giornalista».
Sono due approcci radicalmente differenti alle stesse cose: indagare, studiare, interrogare il mondo e me stessa; e, infine, raccontarlo a chi vorrà ascoltarmi. Penso al mio nome sul frontespizio di un volume, o nel sottopancia di un programma. Che cosa voglio fare? Scruto le pizzette sul tagliere come se potessero darmi una risposta.
«Col dottorato fai una vita grama: sfruttato, sottopagato…»
Lorenzo, il mio tutor, fa un mezzo sorriso. «Perché, il giornalismo è un lavoro stabile?»
Faccio tintinnare il ghiaccio nello spritz. Ha ragione. A questo bivio, non ci sono strade in discesa.
L’inchiesta per il Premio Morrione è il primo, grande banco di prova per capire se voglio fare del giornalismo il mio mestiere. La mia categoria – inchiesta multimediale – è la più fluida, ma anche la più sfuggente. Credevo di essere fatta per un lavoro di carta e inchiostro, ma, ogni giorno, questa inchiesta mi porta oltre il limite di tutto ciò che ho fatto finora. L’inchiesta multimediale parla più linguaggi: video, dati, grafici, mappe. Capirò quanto sono riuscita a spingermi avanti solo quando mi guarderò indietro. Lavorando a questa inchiesta, sto esplorando nuovi territori, nuove tecnologie, nuove sfide; ma anche nuovi problemi, impensabili fino a qualche decennio fa. L’obiettivo è tingere il rigore giornalistico e scientifico di colori umani; di storie, voci, vissuti. Rinunciare alla pretesa di proporre soluzioni preconfezionate, e invece aprirsi alla complessità. Il giornalismo migliore è un’arena di democrazia: presentare voci diverse e anche contrastanti è un invito al lettore, affinché possa prendere decisioni informate e autonome. Il senso critico è un muscolo, e va allenato. Anche io, quest’anno, mi sto allenando, e posso dire di sentirmi un po’ cresciuta, da quando sono stata selezionata per il Premio Morrione: oltre al lavoro dell’inchiesta, continuo a scrivere articoli e reportage per Scomodo, a preparare la mia tesi magistrale, ad affinare la mia formazione professionale – sono volata a Strasburgo per un corso di formazione di giornalismo scientifico promosso dal Parlamento Europeo, con altri 80 giovani giornalisti provenienti da tutta Europa.
La mia mente continua a viaggiare su due binari paralleli, ma intendo godermi il percorso finché durerà: uno zaino pieno di dubbi è il miglior bagaglio con cui partire.